Filosofo greco. Discepolo
di Platone, alla morte del maestro abbandonò l'Accademia in polemica con
Speusippo, designato alla sua guida; tuttavia quando questi morì nel 339
a.C., gli successe come scolarca nella direzione della scuola per circa 25 anni.
Autore di diversi trattati (
Sull'arte di regnare,
Della natura,
Delle ricchezze,
Della filosofia,
Sulla morte) di cui si
sono conservati solo frammenti, il suo pensiero ci è noto attraverso i
riferimenti degli autori successivi (Aristotele, Teofrasto, Cicerone) e le
citazioni che essi ne fanno. Figura di modeste capacità speculative,
S. si guadagnò fama e rispetto soprattutto per la sua
integrità morale e indipendenza politica e si impegnò in
un'organica sistemazione del pensiero platonico, cui apportò comunque
alcune personali modifiche o sviluppi. Egli distinse tre specie di conoscenza:
il
sapere, che ha per oggetto la sostanza intelligibile o iperuranica ed
è pienamente vero; l'
opinione, che ha per oggetto la sostanza
sensibile o celeste e possiede un inferiore grado di verità; la
sensazione, che ha per oggetto la sostanza mista del mondo terreno e
mescola in sé una parte di verità e una di menzogna.
S.
esplicitò la partizione della filosofia in
logica,
fisica
ed
etica (assunta in seguito da tutte le dossografie tradizionali) solo
implicitamente riconoscibile nel pensiero di Platone e accentuò la
componente pitagorica già caratteristica dell'ultima fase della
speculazione platonica e della successiva filosofia di Speusippo. A differenza
di Platone, che mantenne la distinzione tra i concetti di
idea e di
numero,
S. elaborò una sorta di matematicismo metafisico,
la dottrina delle
idee-numeri. Distinguendo tra numeri ideali e numeri
sensibili, con i quali si effettuano i calcoli,
S. definì i primi
come elementi primordiali delle cose, principio ed essenza del mondo:
l'unità o Monade (principio di indivisibilità), unendosi alla
dualità o Diade (principio di divisibilità che apre alla
indeterminatezza e dunque all'imperfezione del mondo) dà origine a tali
numeri. Al parallelismo di matrice pitagorica tra concetti aritmetici e
geometrici,
S. innestò la dimensione gnoseologica:
all'unità-punto corrispose la ragione; alla dualità-linea la
conoscenza; alla triade-superficie l'opinione; alla tetrade-corpo la sensazione.
Il matematicismo di
S. non risultò tuttavia immune da forti
suggestioni mistiche, per le quali egli antropomorfizzò la sua dottrina:
da una parte Monade e Diade furono identificate con coppie divine (Zeus/Era;
Osiride/Iside), rappresentando rispettivamente la divinità primordiale
maschile e femminile, dall'altra il filosofo concepì una complessa
demonologia, elevando e personificando i principi numerici ideali ad
intermediari tra la divinità e gli uomini. Per quanto riguarda la sua
concezione dell'anima (
psyché),
S. riprese appunto la
dottrina platonica dell'anima come demone intermediario e la riassunse nella
celebre massima “l'anima è un numero che muove se stesso”.
Anche per quanto riguarda l'etica,
S. seguì Platone, identificando
la felicità con il possesso della virtù e dei mezzi atti a
conseguirla. La sua fisica, invece, mirò a conciliare la dottrina delle
idee-numeri con una sorta di energia cinetica cosmologica e una visione del
mondo naturale di tipo para-atomistico (che ebbe poi una certa influenza su
Epicuro): essa originava da una trasposizione sul piano fisico del concetto
matematico di divisibilità infinita e dall'identificazione tra il
concetto di
eláchiston (il più piccolo elemento) e di
amerés (elemento indiviso). Infine, alcune affermazioni circa la
fondamentale uguaglianza tra gli uomini e la capacità del sapiente di
attribuirsi in autonomia la propria legge morale avvicinano la filosofia di
S. alle dottrine stoiche (Calcedonia 395 a.C. circa - Atene 314
a.C.).